martedì 3 giugno 2008

Suonare

Socrate diceva che non si è uomini di fatto, e forse non aveva tutti i torti: l'uomo è tale in quanto cerca il bene, o la verità, che coincide inevitabilmente nella ricerca infinita e per sua definizione interminabile (Socrate a tal proposito dice all'oracolo di Delfi: "solo una cosa so, di non sapere". Inutile dire che non esiste niente di bene di per sé, se non la volontà buona, a detta di Kant, concetto quanto mai astratto. Aristotele ha poi rincarato la dose con lo straordinario ossimoro "animale razionale" che riassume tutta la complessità del genere umano.
Il punto è, esiste un modo per congiungere la materia e il pensiero? Il personaggio di Marcel Proust mangiando le sue maddalenine, riusciva a compiere un’operazione puramente intellettuale, non semplicemente ricordando ma rivivendo quegli attimi della sua infanzia.
Molto più modestamente ritengo che la musica riesca a generare un evento di questa portata. Solo chi suona uno strumento può sapere quanto siano importanti gli esercizi di tecnica: è una lotta a coltello con la materia, a volte tragica e dolorosa. La mano di un pianista punta a pose sempre più ambiziose, a un tocco mai forzato.
È ovvio che l’esercizio è finalizzato poi all’esecuzione di brani musicali veri e propri: la rigida compostezza e il costume geometrico di Bach (il vero Spinoza del mondo musicale), la passione che incatena di Chopin (innamorato pazzo di Sand fino alla morte), il gioco divertito con punte pietose di Mozart…
Al momento dell’esecuzione, esisti solo tu e il pianoforte, e puoi percepire soltanto il battito affannoso del cuore. E poi ci sono le tue mani; le vedi lì sole, maestose e scintillanti giocare con lo strumento come fosse uno specchio, beandosi della loro potenza. Se ben addestrate, possono trasformare una serie di note scritte su un pezzo di carta in un pensiero, un’immagine, una poesia. Mi dispiace, ma non credo come Schopenauer che la musica esprime solo il corso indecifrabile dell’eterna indistruttibile volontà: in quella tonalità, in quel ritmo, ogni autore ha lasciato una parte di sé stesso.


"Ma permetti: se tu non possiedi nulla cosa vuoi dare?"
"Ognuno dà di quel che ha. Il guerriero dà la forza, il mercante la merce, il saggio la saggezza, il contadino riso, il pescatore pesci."
"Benissimo. E cos'è dunque che tu hai da dare? Che cosa hai appreso, che sai fare?"
"Io so pensare. So aspettare. So digiunare."
"E questo è tutto?"
"Credo che sia tutto."