Non amo la scrittura impulsiva, dettata dal genio di un ispirazione momentanea, quasi divina. Mi affascina il labor limae oraziano, la ricerca dantesca continua e arrovellata delle parole, per giungere finalmente alla stesura di un testo che non può e non deve essere diverso da quello che è. Ciononostante, prevalentemente per motivi mnemonici ho deciso di rivelare subito la mia esperienza appena trascorsa: i pensieri sono insidiosi, possono diventare pesanti come macigni o sfuggevoli come sogni di farfalle. Nessuna gabbia può rinchiuderli, così talora giocano a rincorrersi e a confondersi fra loro. Ti condizionano, ti emozionano, ma non potrai mai liberarti di loro.
In occasione del 25 aprile sono stato a Sant'Anna di Stazzema, nel versiliese, luogo di un'orrendo eccidio perpetrato dai criminali nazifascisti (560 morti). Se ti accosti al suolo di quelle terre, puoi sentire ancora il grido straziato del sangue delle vittime che risuona, che rimbomba facendo eco sulle montagne.
Non è stato soltanto un viaggio commemorativo, ma un'autentica avventura spirituale dentro la forza magica della natura selvaggia. Attraverso asperosi e disagevoli sentieri, abbiamo risalito le pendici delle apuane fino a un punto. Il gruppo si è fermato, stanco e appagato. Non fu così per tutti: io e altri due volevamo andare oltre. Saliti sul ciglio di un'altura, cominciai a guardarmi intorno: la natura, nella sua maestosità, mi invitava a contemplarla. D'improvviso mi chiesi: ero io a dominarla da lassù, o era invece lei che mi trascinava, o meglio incombeva su di me? Avevo vissuto, provato l'idea del sublime: come Kant di fronte al cielo stellato, anch'io ero capace di elevarmi con la forza della ragione sopra quelle montagne. L'infinito degli spazi disegnati da quelle rocce mi sgomentava (ricalco Pascal), ma ne ero consapevole, possedevo cioè un'autocoscienza capace di distinguermi da ogni altra meraviglia inanimata creata da Dio.
In occasione del 25 aprile sono stato a Sant'Anna di Stazzema, nel versiliese, luogo di un'orrendo eccidio perpetrato dai criminali nazifascisti (560 morti). Se ti accosti al suolo di quelle terre, puoi sentire ancora il grido straziato del sangue delle vittime che risuona, che rimbomba facendo eco sulle montagne.
Non è stato soltanto un viaggio commemorativo, ma un'autentica avventura spirituale dentro la forza magica della natura selvaggia. Attraverso asperosi e disagevoli sentieri, abbiamo risalito le pendici delle apuane fino a un punto. Il gruppo si è fermato, stanco e appagato. Non fu così per tutti: io e altri due volevamo andare oltre. Saliti sul ciglio di un'altura, cominciai a guardarmi intorno: la natura, nella sua maestosità, mi invitava a contemplarla. D'improvviso mi chiesi: ero io a dominarla da lassù, o era invece lei che mi trascinava, o meglio incombeva su di me? Avevo vissuto, provato l'idea del sublime: come Kant di fronte al cielo stellato, anch'io ero capace di elevarmi con la forza della ragione sopra quelle montagne. L'infinito degli spazi disegnati da quelle rocce mi sgomentava (ricalco Pascal), ma ne ero consapevole, possedevo cioè un'autocoscienza capace di distinguermi da ogni altra meraviglia inanimata creata da Dio.
1 commento:
Ed è in seguito a questa esperienza che abbandonasti le vestigia di "lupo" per riapprodare alle sponde della civiltà?
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